Fino al 1970, le Comunità europee, al pari delle altre organizzazioni internazionali, erano finanziate attraverso contributi versati dagli Stati membri, secondo un meccanismo di ripartizione delle quote stabilito all’art. 200 TCEE, che poteva essere modificato solo dal Consiglio, all’unanimità. Dal 1971, al fine rafforzare l’autonomia finanziaria delle Comunità, si è deciso di attuare quanto disposto all’art. 201 TCEE e di sostituire tale sistema con quello delle risorse proprie, attualmente provenienti da tre tipologie di entrate: le “risorse proprie tradizionali”, cioè i dazi doganali e agricoli riscossi, in base alla Tariffa doganale comune, al momento dell’ingresso nel territorio doganale europeo di merci da Paesi terzi; le entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota massima sull’imponibile IVA di ogni Stato membro, di regola fissata allo 0,30%; ed una risorsa basata su una percentuale fissa del reddito nazionale lordo degli Stati membri (RNL).
Per prassi, anche se la decisione sulle risorse proprie non ha una data di scadenza, essa è direttamente collegata al corrispondente Quadro finanziario pluriennale (QFP), all’interno del quale si inquadra l’esercizio annuale di bilancio, che a partire dalle modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona del 2007 è disciplinato all’art. 312 TFUE.
Uno degli aspetti più rilevanti di ciascuna decisione è quello relativo alla definizione dei massimali, cioè il tetto massimo di finanziamenti di cui può disporre l’Unione. Ad esempio, la decisione del 2014, in termini simili a quelli previsti dalla decisione del 2007, stabiliva che l’importo totale delle risorse proprie attribuite all’Unione per gli stanziamenti annuali per i pagamenti non dovesse superare l’1,23 % della somma dell’RNL di tutti gli Stati membri, mentre l’importo totale degli stanziamenti annuali per gli impegni iscritti nel bilancio dell'Unione non doveva andare oltre l’1,29 % della somma dell’RNL di tutti gli Stati membri.

Di regola, il processo di adozione della decisione sulle risorse proprie è piuttosto lungo e dura quasi tre anni. Ad esempio, la decisione collegata al QFP 2014-2020 è stata proposta dalla Commissione il 29 giugno del 2011 ed è stata adottata solo il 26 maggio 2014.
Alla luce dell’indicata tempistica, si può ritenere che la nuova decisione relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea abbia seguito un iter accelerato. La proposta, infatti, è stata presentata il 28 maggio 2018, ma è stata modificata in maniera rilevante a maggio 2020, proprio per introdurre le disposizioni necessarie all’attuazione del Next Generation EU.
Tuttavia, sia in fase di adozione che di ratifica, si sono incontrati alcuni ostacoli.
A novembre 2020, la Polonia e l’Ungheria hanno presentato un Joint Statement con il quale si sono sostanzialmente opposte all’idea di adottare congiuntamente il QFP e il regolamento relativo a un regime generale di condizionalità per la protezione del bilancio, annunciando di allineare le loro posizioni su questo punto. La situazione si è sbloccata solo grazie al compromesso raggiunto in seno al Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2020 (sull’argomento, F. Casolari su questo blog).
Tale compromesso, da un lato, ha permesso di far cadere il veto di Polonia e Ungheria sulla decisione risorse proprie, ma, dall’altro lato, costituisce uno strappo istituzionale importante, al punto che taluni commentatori lo hanno definito come un compromesso sullo Stato di diritto che compromette lo Stato di diritto.
In fase di ratifica, invece, vale la pena di ricordare che la Corte costituzionale tedesca, ad aprile 2021, ha temporaneamente ordinato al Governo di Berlino di interrompere il processo di ratifica, sostenendo di dover prima valutare una mozione che metteva in discussione la conformità del piano alla Costituzione tedesca e ai Trattati dell’Unione.
Un altro possibile ostacolo al processo di ratifica si è presentato il 27 aprile scorso, quando la commissione per gli affari costituzionali del Parlamento finlandese ha annunciato che quest’ultimo avrebbe dovuto ratificare la decisione a maggioranza qualificata.
Solo con la decisione emessa il 15 aprile 2021, la Corte costituzionale federale tedesca ha respinto la richiesta di ingiunzione preliminare contro la promulgazione dell’atto nazionale di ratifica della decisione sulle risorse proprie 2020 (ORD), da cui dipendeva l’adozione di tale atto (sull’argomento, per questo blog, J. Ziller; per un ulteriore commento, clicca qui).

Come detto, l’entrata in vigore della decisione risorse proprie costituiva la condizione necessaria per l’attuazione del Next Generation EU, in particolare per l’esecuzione del suo pilastro portante, il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, attraverso il quale l’Unione, tra il 2021 e il 2026, concederà prestiti e sovvenzioni per contribuire ad attenuare le conseguenze della pandemia nell’intera UE e accrescere la sostenibilità delle sue economie.
A norma dell’art. 5 della decisione, infatti, al solo scopo di far fronte alle conseguenze della crisi COVID-19, la Commissione avrà il potere di contrarre sui mercati dei capitali prestiti per conto dell’Unione per un importo massimo di 750 000 milioni di euro a prezzi 2018.
Al solo fine di rimborsare tali prestiti, la decisione, tra l’altro, dispone un aumento temporaneo di 0,6 punti percentuali dei massimali, fino alla cessazione delle passività contratte e al più tardi entro il 31 dicembre 2058. L’incremento dei massimali delle risorse proprie non è usato per coprire altre passività dell’Unione.
A tal riguardo, si deve sottolineare che, rispetto alla decisione del 2014, la nuova decisione sulle risorse proprie prevede un aumento generale dei massimali. All’art. 3, infatti, dispone che: “1. l’importo totale delle risorse proprie attribuite all’Unione per coprire gli stanziamenti annuali di pagamento non supera l’1,40 % della somma dell’RNL di tutti gli Stati membri. 2. L’importo totale degli stanziamenti annuali di impegno iscritti nel bilancio dell’Unione non supera l’1,46 % della somma dell’RNL di tutti gli Stati membri”.
Per quanto riguarda i passaggi futuri, vale la pena di ricordare che, nell’ambito del Next Generation EU, attraverso il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, larga parte delle risorse raccolte dai mercati di capitali, per un ammontare di 672,5 miliardi di euro, saranno utilizzate per offrire prestiti e sovvenzioni agli Stati membri per contribuire ad attenuare le conseguenze della pandemia e accrescere la sostenibilità delle loro economie. Segnatamente, le sovvenzioni ammonteranno a 312,5 miliardi di euro, ai prezzi del 2018. Di questi, il 70 per cento sarà ripartito sulla base della popolazione di ciascuno Stato membro e sul suo tasso medio di disoccupazione negli ultimi cinque anni rispetto alla media dell’Unione, mentre il restante 30 per cento sulla base del tasso di disoccupazione, tenendo conto della perdita del PIL reale osservata nell’arco del 2020 e della perdita cumulativa del PIL reale osservata nel periodo 2020-2021.
I prestiti, invece, ammonteranno ad altri 360 miliardi, sempre ai prezzi del 2018.
Ai fini dell’erogazione delle risorse messe a disposizione, già diciotto Stati membri hanno presentato i piani nazionali di ripresa e resilienza, strutturati, secondo gli orientamenti pubblicati a gennaio 2021 dalla Commissione europea (qui e qui), alla luce degli obiettivi individuati dal regolamento europeo.
Per ciascun piano nazionale la Commissione effettua una prima valutazione e, successivamente, il Consiglio adotta la sua decisione in merito all’approvazione definitiva. In tale decisione, saranno indicate anche le riforme e i progetti di investimento che lo Stato membro interessato dovrà attuare.
Dopo aver raggiunto i traguardi e gli obiettivi concordati e indicati nel piano per la ripresa e la resilienza approvato, ciascuno Stato membro potrà presentare alla Commissione una richiesta debitamente motivata relativa al pagamento del contributo finanziario e, se del caso, del prestito richiesto. Tali richieste di pagamento potranno essere presentate due volte l’anno.
La Commissione valuta in via preliminare, senza indebito ritardo e al più tardi entro due mesi dal ricevimento della richiesta, se i pertinenti traguardi e obiettivi indicati nella decisione di esecuzione del Consiglio siano stati conseguiti in misura soddisfacente. In tal caso, trasmette le proprie conclusioni al comitato economico e finanziario e chiede un suo parere. Anche alla luce di tale parere, la Commissione potrà, quindi, autorizzare l’erogazione del contributo finanziario o del prestito.
Ad ogni modo, per i piani approvati nel 2021, gli Stati membri potranno ottenere un prefinanziamento pari a un importo fino al 13% delle sovvenzioni e dei prestiti previsti nel loro piano. Il resto dei fondi sarà versato sulla base del conseguimento dei traguardi e degli obiettivi concordati.
Infine, vale la pena di ricordare che, se il piano per la ripresa e la resilienza, compresi i pertinenti traguardi e obiettivi, non potranno più essere realizzati, in tutto o in parte, dallo Stato membro interessato a causa di circostanze oggettive, lo stesso potrà sottoporre alla Commissione una richiesta motivata affinché́ presenti una proposta intesa a modificare o sostituire le decisioni di esecuzione del Consiglio. A tal fine, lo Stato membro può proporre un piano per la ripresa e la resilienza modificato o un nuovo piano per la ripresa e la resilienza.