Lo scorso 24 agosto la Corte EDU ha rigettato la richiesta, avanzata da 672 ricorrenti francesi pochi giorni prima (il 19 agosto), di sospendere in via d’urgenza l’obbligo di vaccinazione contro il Covid -19 introdotto in Francia per alcune categorie di lavoratori del settore sanitario e a contatto con il pubblico dalla legge n° 2021-1040, entrata in vigore il 5 agosto 2021 (ricorso n° 41950/21, Abgrall and 671 Others v. France). La decisione della Corte EDU non è stata pubblicata ed è pertanto disponibile unicamente il comunicato stampa del 25 agosto 2021, il quale consente tuttavia di desumere alcune informazioni.
La decisione è stata adottata da una Camera di 7 giudici ai sensi dell’art. 39 del Regolamento di procedura, il quale prevede che possano essere adottate misure provvisorie nell’interesse delle parti, in pendenza del procedimento radicato presso la Corte EDU. Come ricorda il comunicato stampa, la Corte concede misure in via d’urgenza solo in casi eccezionali, quando vi è il rischio di un irreparabile pregiudizio (cfr. Mamatkulov and Askarov c. Turchia [GC], nos. 46827/99 and 46951/99, § 104, 4 febbraio 2005 e Paladi v. Moldova [GC], no. 39806/05, §§ 86-90, 10 marzo 2009). Difficile identificare i contorni di tale nozione, anche perché le decisioni in via cautelare sono raramente rese pubbliche: osservando la prassi, tuttavia, si può rilevare che tali misure sono state concesse quando vi era un imminente pericolo per la vita stessa dei ricorrenti. Si pensi alla recente decisione di misura ex art. 39 nel caso Navalny, nell’ambito del quale la Corte EDU ha adottato diverse decisioni cautelari (il 21 agosto 2020 e il 17 febbraio 2021), intervenendo a tutela della vita dell’oppositore politico russo, o ai casi in cui la Corte EDU ha sospeso la decisione di interrompere trattamenti di sostegno vitale (i casi Charlie Gard e Vincent Lambert, anche se poi tali decisioni sono state ribaltate nel merito). Più frequentemente, le misure provvisorie sono concesse in casi di estradizione o deportazione (v. anche le statistiche della Corte EDU).
Nel caso di specie i ricorrenti, ovverosia 672 membri, sia a tempo pieno che volontari, dei Services départementaux d’incendie et de secours de France (SDIS) tra i quali vi sono anche – sempre secondo quanto riportato nel Comunicato – membri in servizio presso gli ospedali, hanno richiesto alla Corte EDU di sospendere tout court l’obbligo di vaccinazione disposto dalla legge del 5 agosto 2021 (sez. 12) o, in subordine, le disposizioni che impediscono a coloro che non si sono sottoposti al vaccino di esercitare la propria attività lavorativa e che comportano l’interruzione della corresponsione della retribuzione per gli stessi. I diritti della CEDU invocati dai ricorrenti, e che sarebbero lesi dalla legislazione francese secondo la prospettazione degli stessi, sono il diritto alla vita di cui all’art. 2 e il diritto alla protezione della vita privata e familiare di cui all’art. 8.
Secondo quanto riportato dallo scarno comunicato, la Corte EDU ha ritenuto che le richieste avanzate dai ricorrenti non rientrassero nell’ambito di applicazione dell’art. 39 del Regolamento. È probabile, dunque, che la Corte non abbia ritenuto sussistente il rischio di irreparabile pregiudizio lamentato dai ricorrenti.
Tale decisione appare piuttosto scontata, se si considera l’eccezionalità con cui vengono concesse le misure provvisorie della Corte EDU ma anche l’orientamento della sua giurisprudenza circa l’obbligo vaccinale. Pochi mesi fa, l’8 aprile 2021, la Grande Camera della Corte EDU si è pronunciata nel caso Vavricka e a. c. Repubblica Ceca, valutando che lo Stato avesse agito correttamente e nell’ambito del proprio margine di apprezzamento nel rendere obbligatori alcuni vaccini per i minori, ritenuti sicuri ed efficaci dalla comunità scientifica, e considerando tale misura legittima, necessaria in una società democratica e proporzionata (si veda il commento di C. Bartolino anche per l’analisi sulle possibili implicazioni con riferimento al vaccino Covid-19). Già nel 2012, nel caso Solomaikhin c. Ucraina, la Corte EDU aveva ritenuto che l’obbligo vaccinale imposto dalla legge ucraina fosse compatibile con la CEDU, stante l’interesse per la tutela della salute pubblica nel caso di specie e la proporzionalità della misura.
La decisione della Corte EDU ex art. 39, Reg., non è impugnabile. Occorre dunque attendere che il giudice europeo si pronunci nel merito del ricorso dei vigili del fuoco francesi. Se l’orientamento citato pare avere un peso significativo nell’orientare la decisione dei giudici, è pur vero che nel caso di specie si tratta del vaccino contro il Covid-19, il quale presenta indiscutibili peculiarità quanto a realizzazione, iter autorizzativo e valutazione. Come noto, i vaccini Covid-19 utilizzati nell’Unione europea (BioNTech e Pfizer, Moderna, AstraZeneca, Janssen Pharmaceutica NV) sono quelli autorizzati dalla Commissione, dopo una valutazione positiva dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA), secondo la procedura di autorizzazione condizionata all’immissione in commercio disciplinata dal Regolamento n° 507/2006. Tale autorizzazione ha una validità di dodici mesi ed è rinnovabile. La Commissione potrebbe confermare il rinnovo delle autorizzazioni già concesse alla scadenza dell’anno oppure decidere di non procedere al rinnovo qualora sussistano dubbi circa l’efficacia o la sicurezza del vaccino in questione, in ragione dei dati registrati durante l’anno trascorso. Ove dovesse verificarsi un’ipotesi di questo tipo – per quanto al momento appaia poco probabile, stante i dati e i report di monitoraggio pubblicati da EMA - la decisione della Corte EDU potrebbe tenere conto di tali elementi nella valutazione della necessità e della proporzionalità della misura adottata. Del resto, nel gennaio 2021, la risoluzione 2361 (2021) dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa aveva raccomandato agli Stati membri di informare che la vaccinazione da Covid-19 non è obbligatoria e nessuno deve subire pressioni in tal senso (cfr. punto 7.3.1).
Occorre dunque attendere il giudizio di merito per sapere se lo Stato francese abbia agito nell’ambito del proprio margine di apprezzamento, tenendo presente l’obiettivo di tutela della salute pubblica e l’evoluzione dei dati sui vaccini anti Covid-19.