Nella letteratura politologica e giuridica non è usuale la pubblicazione di opere che, pur se concepite in ambito accademico, siano destinate ad un pubblico più vasto.

Soprattutto in ambito giuridico – salve le eccezioni rappresentate da alcuni volumi di Sabino Cassese e Stefano Rodotà – vi è la tendenza a confinare la riflessione scientifica entro l’ambito universitario, utilizzando esclusivamente un linguaggio tecnico, comprensibile da poche migliaia di persone in tutto il Paese.

Le ragioni del fenomeno sono molteplici, ancorché poco indagate.

La principale di esse risiede nel fatto i volumi monografici sono quasi esclusivamente concepiti e scritti a fini concorsuali, sicché il loro destinatario ideale è rappresentato, il più delle volte, dai colleghi del singolo ambito disciplinare, affinché lo scritto sia oggetto di un benevolo giudizio.

Si può dunque nutrire qualche scetticismo circa il fatto che questo genere di lavori sia destinato ad una vera e propria comunità epistemica, essendo sufficiente destare una buona impressione in quella parte di essa che presiede e compone commissioni valutative di varia natura. Si deve essere ancor più scettici circa il fatto che le monografie – specie giuridiche, a quanto consta – abbiano un mercato e siano lette oltre la ristrettissima cerchia degli esperti.

Il volume di Federico Fabbrini, che qui si recensisce (Next Generation EU. Il futuro di Europa e Italia dopo la pandemia, Il Mulino, Bologna, 2022, pp. 160, con prefazione di P. Donhaue) rappresenta una lodevole anomalia entro il quadro, non incoraggiante, appena descritto. Le ragioni sono numerose.

L’Autore è un giovane studioso che ha scelto di percorrere la carriera accademica all’estero e di radicarsi a Dublino, dopo una formazione giuridica in Italia. Abituato a pensare e lavorare oltre ed attraverso i confini territoriali, Fabbrini è altrettanto uso a superare i confini disciplinari che, artificiosamente, frammentano lo studio delle istituzioni pubbliche: l’Autore è consapevole delle reciproche influenze fra politica e diritto; è studioso di istituzioni e diritto europeo, ma non gli sfuggono le implicazioni economico-sociali dell’oggetto del suo lavoro. Degli studiosi stranieri di matrice anglosassone, soprattutto, Fabbrini ha acquisito lo stile espositivo: asciuttezza, linearità, capacità di sintetizzare fenomeni complessi in pochi efficaci tratti, senza la pretesa, né la presunzione, di voler esaurire nel proprio lavoro la conoscenza di fenomeni che sono, semmai, aperti alla riflessione critica ed al contributo di tutti. Se si vuole parlare di divulgazione, si tratta di una divulgazione volta ad educare il pubblico senza banalizzare il tema d’indagine, propria della cultura d’oltremanica.

Le scelte di metodo e stile di Fabbrini consentono all’Autore di raggiungere un ampio spettro di destinatari: il cittadino che voglia essere informato su determinate vicende si troverà a leggere un lavoro accurato, ma non dispersivo; il professionista dell’informazione che voglia avere un quadro completo della situazione europea ed italiana troverà nel volume ampi riferimenti alle connessioni fra sistema politico, economico e giuridico; lo studioso troverà fonti e dati utili per sviluppare proprie ulteriori riflessioni critiche.

Il tema di cui si occupa il volume è quantomai attuale. Come noto, a seguito della diffusione dalla pandemia da Covid-19, l’Ue ha ritenuto essenziale predisporre una serie di politiche di intervento a sostegno degli Stati membri (Next Generation EU, NGEU), non solo a scopi solidaristici, ma a garanzia della propria sopravvivenza quale comunità di individui ed a sostegno di un’economia reale fiaccata dai forzati periodi di sospensione delle attività produttive e commerciali che hanno contraddistinto gli ultimi due anni (e potrebbero contraddistinguere anche gli anni a venire).

Il volume si compone di dieci brevi capitoli e si può dividere in due parti: la prima parte (cap. I-V) è dedicata allo studio delle politiche economico-finanziarie dell’Unione, e, in particolare, del NGEU, ossia del pacchetto di interventi economico-finanziari attraverso cui l’Unione intende sostenere le economie dei singoli Stati nella transizione dallo stato di crisi innescato dalla pandemia ad un auspicato futuro post-pandemico; la seconda parte (cap. VI-X) è dedicata allo studio del piano nazionale di ripresa e resilienza italiano (PNRR), ossia del programma elaborato dall’Italia al fine di ottenere i finanziamenti erogabili nell’ambito del NGEU, a propria volta preordinati a sostenere riforme volte a modernizzare il sistema economico ed istituzionale del Paese. Chi avesse la curiosità di comprendere come è stato elaborato il NGEU, quale sia la sua architettura istituzionale ed in cosa il meccanismo di distingua da altri tipi di intervento già sperimentati a livello europeo (come il Meccanismo europeo di stabilità, MES) troverà ampi e precisi riferimenti nel volume. Così non sarà insoddisfatta l’esigenza di chi voglia comprendere come sia stato elaborato il PNRR e come saranno utilizzati gli ingenti finanziamenti che l’UE ha garantito all’Italia per uscire da una crisi che non trae origine dalla sola pandemia, ma dipende da decenni di scarsa crescita economica.

Chi recensisce un volume può dare per note le vicende descritte nel lavoro, per concentrarsi sulle tesi principali che lo caratterizzano e sulle riflessioni sollecitate dallo scritto. Fabbrini non può certo annoverarsi fra gli euro-scettici o fra i nostalgici di una sovranità statale più affermata che reale. L’Autore reputa che, nel quadro di un’integrazione europea guardata con favore, il NGEU rappresenti «un cambio di paradigma nel funzionamento dell’UE, spingendo l’architettura della governance economica europea in una direzione che è tipica dei sistemi fiscali federali» (p. 17). Il fatto che la Commissione europea possa indebitarsi per finanziare il NGEU e che possa ripagare i prestiti ottenuti tramite tasse europee «dota l’UE di una vera e propria capacità fiscale, ovvero di un bilancio europeo integrato che può essere direzionato verso la promozione di beni pubblici europei, quali la transizione ambientale e digitale, e la convergenza economica e sociale» (p. 18).

Il sistema NGEU-PNRR incide, inoltre, sul contesto italiano. Non solo l’Italia è il principale destinatario dei finanziamenti europei ma, ad avviso di Fabbrini, l’esperimento italiano rappresenta il banco di prova per misurare l’efficacia stessa dell’intervento dell’Unione, pertanto, il successo dell’intero NGEU. Il fallimento politico-amministrativo del PNRR non sarebbe nocivo per il solo Paese, ma per tutta l’UE ed il suo futuro, sia in termini economico-finanziari che di complessiva credibilità del progetto europeo.

A questo proposito il volume si sofferma opportunamente sulle caratteristiche delle riforme individuate dal PNRR, fra le quali merita un particolare rilievo l’auspicata riforma della pubblica amministrazione (pp. 115 ss.). Per chi, come chi scrive, si occupa di diritto amministrativo, questa parte del volume contiene una serie di indicazioni di particolare interesse, sulle quali appare possibile soffermarsi in conclusione di queste note. Opportunamente l’Autore evidenzia come la crisi pandemica abbia determinato un tendenziale rafforzamento delle istituzioni pubbliche, viste come gli unici apparati idonei a rispondere ai periodici momenti di crisi degli ultimi due decenni: sul punto va aggiunto come emergenza terroristica, crisi economica, pandemia siano stati fattori esogeni che hanno aumentato la domanda di “Stato” (o, meglio, di intervento amministrativo nell’economia e nella società) nel corso degli ultimi anni.

Il NGEU, rappresenta, da questo punto di vista, l’ennesima conferma della necessità di un intervento pubblico programmato dai governi ed attuato dai singoli apparati amministrativi in luogo dell’intervento diretto dei privati, che non hanno mezzi, risorse, capacità di programmazione per far fronte alle crisi. Ne deriva una nuova espansione della sfera pubblica, non preconizzata dai corifei della “fine della storia” e della capacità autoregolativa dei mercati. Gli indici più evidenti del fenomeno sono rappresentati dalla progressiva ed apparentemente irreversibile centralità dell’attività dei governi statali (e della Commissione) nella stessa definizione delle politiche pubbliche, in luogo dei Parlamenti; dalla tendenza alla ricentralizzazione degli apparati amministrativi degli Stati, cui viene affidata la maggior parte delle iniziative volte ad implementare il PNRR; dalla correlata marginalizzazione delle Regioni e, soprattutto, degli enti locali, che sono sottoposti ad una sorta di vigilanza “tutoria” dello Stato nell’attuazione delle misure ad essi destinate.

Non si tratta di dati neutri sul piano assiologico e costituzionale: NGEU-PNRR possono essere attuati solamente da esperti, normalmente operanti ai vertici delle amministrazioni dello Stato. L’amministrazione di prossimità, vicina al cittadino, democraticamente eletta in ambito locale, rischia di essere ridotta a mero centro di spesa di risorse allocate dal centro per l’attuazione di progetti individuati ad hoc dai vertici amministrativi. L’amministrazione si centralizza e tecnicizza, anche con il supporto della digitalizzazione e, in questo, si allontana dal cittadino.

Quanto rilevato conferma un merito del volume di Fabbrini: l’Autore muove dalle politiche – dalle policies prima ancora che dalla politics – ma ci mostra come le politiche dell’Unione e statali finiscano per esprimere sempre una determinata visione dello Stato e dell’integrazione (federale?) fra Stati. La visione sembra essere quella di uno Stato amministrativo che legittima la propria azione su base tecnico-politica, più che democratica. Un fenomeno non nuovo, ma accelerato dalla pandemia, catalizzatore di trasformazioni già in atto.

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