Gli attacchi all’indipendenza della magistratura in Polonia hanno provocato diverse reazioni sul piano internazionale che possiamo definire di supporto a quelle, più note, delle istituzioni europee. Un esempio è fornito dalla recente decisione della Rete europea dei consigli di giustizia (ENCJ) di espellere dai propri membri il Consiglio nazionale della magistratura polacco, un organo simile al CSM italiano, ma con competenze solo sui giudici. Il Consiglio, infatti, non solo non soddisfa più i requisiti previsti dallo statuto dell’ENCJ (indipendenza dai poteri politici e impegno nel sostenere l’esercizio indipendente della funzione giudiziaria, ex art. 6.1) ma ha anche commesso gravi violazioni degli obbiettivi della Rete stessa, tra cui figura il miglioramento della cooperazione e della comprensione reciproca tra i Consigli di giustizia e le magistrature dei vari Stati membri.
La decisione è stata presa il 28 ottobre 2021 sulla base di un position paper che ne esplicita le ragioni. Dopo la decisione del 2018 di sospendere temporaneamente il Consiglio polacco dalla Rete, la situazione in Polonia si è ulteriormente aggravata, precisa l’ENCJ. Il Consiglio viene criticato essenzialmente per due ragioni. La prima riguarda la sua composizione, come risultante dalla riforma del 2017. Dei 25 membri che lo compongono 23 sono espressione diretta o sono eletti dalle autorità politiche: 6 sono membri del Parlamento (4 eletti dalla Camera e 2 dal Senato), 1 è nominato dal Presidente della Repubblica; ad essi si aggiungono il Ministro della giustizia e 15 giudici eletti anch’essi dalla Camera. Gli altri 2 componenti sono il Presidente della Corte suprema e il Presidente della Corte suprema amministrativa: anche i rappresentanti dei giudici sono nominati dal Parlamento (e non più dai giudici stessi, come avveniva in precedenza) che tende a preferire persone leali al Governo. Ciò si pone in contrasto con gli standard internazionali di indipendenza della magistratura, secondo cui i giudici dovrebbero essere eletti dai loro pari e non da organi politici. Questo aspetto, tuttavia, non è sufficiente a dimostrare la mancanza di indipendenza del Consiglio polacco, se non altro perché anche in altri Paesi (come ad es. la Spagna ndr) i membri togati sono eletti dal Parlamento. Il fattore dirimente, sottolinea l’ENCJ, riguarda il modo in cui il Consiglio polacco ha esercitato in questi anni (o, meglio, ha omesso di esercitare) le sue responsabilità costituzionali nell’assicurare l’indipendenza della magistratura. Esso, infatti, schierandosi apertamente a favore delle politiche governative, più che difendere il corpo giudiziario ne ha attivamente pregiudicato l’indipendenza. Per queste e altre ragioni il Consiglio polacco merita l’espulsione dall’ENCJ e potrà esservi riammesso solo se e quando dimostrerà di adeguarsi nuovamente ai valori e agli obbiettivi della Rete.
La pressione dell’ENCJ verso la Polonia non è un fatto isolato, poiché numerose altre associazioni e network giudiziari che gravitano nell’ambito dell’Ue e del CoE si sono mobilitati a sostegno dei giudici polacchi con iniziative di vario genere, dalla pubblicazione di rapporti e raccomandazioni non vincolanti, all’invio di proprie delegazioni in Polonia. Senza alcuna pretesa di esaustività, può essere qui menzionato il Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE) che, proprio per rispondere ai recenti sviluppi che si sono verificati nell’Est Europa, ha provveduto ad aggiornare le proprie raccomandazioni sui Consigli di giustizia (parere n. 24) nonché il rapporto sull’indipendenza dei giudici. Sono note, inoltre, le prese di posizione dei Magistrati europei per la democrazia e le libertà (Medel), tra cui quella relativa alla decisione del 7 ottobre 2021 con cui il Tribunale costituzionale polacco ha disconosciuto il primato del diritto Ue in base a una presunta contraddizione tra quest’ultimo e la Costituzione polacca: la decisione, pronunciata da un collegio di per sé illegittimo, è un ulteriore esempio del tentativo di legalizzare l’illegittimità e di sopprimere i più basilari diritti umani. Si ricorda anche l’intervento della Commissione di Venezia a difesa, tra l’altro, della libertà di espressione e di associazione dei giudici (Urgent joint opinion, p. 7): la legge deve espressamente consentire ai giudici e alle loro associazioni di partecipare al dibattito pubblico in merito a questioni relative al funzionamento del sistema giudiziario, anche in dissenso alle politiche governative; tali questioni, infatti, sono da considerare di pubblico interesse e ricevono un’ampia protezione ai sensi dell’art. 10 Cedu. Da non dimenticare, infine, l’Associazione dei magistrati amministrativi europei (Aeaj), l’Associazione degli avvocati europei (Ccbe), nonché il Gruppo di Stati contro la corruzione (Greco) e il suo dettagliato rapporto sul caso polacco. La voce dei giudici polacchi ha trovato invece espressione tramite le associazioni Iustitia e Themis.
La preoccupazione generale manifestata dalle associazioni internazionali è del tutto comprensibile. L’indipendenza dei giudici polacchi non è un problema solo interno alla Polonia ma coinvolge tutti gli Stati, e l’Europa in particolare, non solo perché ogni giudice nazionale è anche un giudice europeo ma anche perché il buon funzionamento degli strumenti di cooperazione giudiziaria presuppone che gli Stati facciano affidamento e garantiscano livelli omogenei di indipendenza e imparzialità della magistratura. Istituti come il mandato di arresto europeo, che consente a uno Stato membro di richiedere la consegna e processare una persona situata in un altro Stato membro, possono funzionare correttamente solo se le magistrature di tutti i Paesi offrono un livello adeguato e omogeneo di indipendenza e imparzialità, garanzia essenziale per i cittadini europei.
Le riforme approvate in Polonia minano i pilastri fondamentali della rule of law e del giusto processo, incidendo fortemente sulle principali istituzioni giudiziarie e sull’intera magistratura, con conseguenze allarmanti. Il Tribunale costituzionale, riconfigurato con nuovi giudici nominati al di fuori dei normali processi di selezione, non garantisce più che venga esercitato un effettivo controllo di costituzionalità delle leggi, garanzia cruciale per prevenire l’affermarsi di regimi autoritari. Analogamente, si dubita fortemente che il Consiglio nazionale della magistratura, sotto l’influenza politica, sia capace di nominare giudici che soddisfino i requisiti di indipendenza e imparzialità ex art. 47 CDFUE o art. 6 CEDU. Il Consiglio, tra l’altro, ha avuto un ruolo fondamentale nel rinnovamento del corpo giudiziario avvenuto a seguito del pensionamento anticipato dei giudici ordinari e della Corte suprema. La riforma è stata accompagnata da una campagna mediatica che ha gettato discredito sulla magistratura e creato una polarizzazione.
Gli ordinamenti europei mostrano che gli strumenti e le misure per garantire l’indipendenza e l’accountability della magistratura variano significativamente da Paese a Paese. Tali strumenti, però, non devono essere valutati in astratto ma in base all’utilizzo che ne viene fatto. Ne è una dimostrazione proprio il caso polacco, dove gli strumenti di accountability (il cui scopo è quello di rendere effettiva la tutela dell’indipendenza della magistratura) sono stati trasformati in “armi di distruzione” contro la magistratura stessa. Ogni strumento può essere utilizzato in modo improprio o arbitrario e ciò può accadere, soprattutto, quando non vi siano valori condivisi e consolidati nel modo di intendere la funzione giudiziaria rispetto agli altri poteri dello Stato. Il consolidamento dei valori dello stato di diritto e della democrazia rappresenta il primo fattore che sta alla base dell’indipendenza dei giudici. Va da sé che, quando l’intera struttura politica e sociale attraversa un periodo di crisi e caos, anche la stabilità del corpo giudiziario viene messa a repentaglio. In ogni caso, le garanzie formali, per quanto importanti, previste dalle costituzioni e dagli standard internazionali non sono sufficienti di per sé ad assicurare un corpo giudiziario indipendente e imparziale. È necessario che si affermi una cultura condivisa che promuova l’indipendenza della magistratura attraverso l’impegno di tutta la società civile, dai magistrati ai politici, dai media alle professionali legali e all’intera collettività. E proprio a questo fine l’azione delle associazioni e dei network nazionali e internazionali può essere di grande utilità, per rendere la società civile veramente consapevole dell’importanza di avere una magistratura indipendente.