Il 28 febbraio 2022, a pochi giorni dall’inizio dell’aggressione armata da parte della Federazione russa, l’Ucraina ha presentato formale richiesta di adesione all’Unione europea ai sensi dell’art. 49 TUE. Il Presidente Zelensky ha richiesto un’adesione istantanea del Paese, invocando l’attivazione di una procedura speciale a ciò finalizzata.
Una situazione speciale merita una procedura speciale. Questo è il ragionamento a supporto di una simile richiesta, che ispira anche la tesi sostenuta da Dimitry Vladimirovich Kochenov in un suo recente post pubblicato nel Verfassungsblog e condiviso anche per questo Blog. Egli ritiene che l’Ucraina rispetti “with no difficulty” i criteri di ammissione indicati nell’art. 49 TUE e che non vi sia pertanto necessità di sviluppare un negoziato articolato con la Commissione europea sui singoli capitoli che compongono l’acquis dell’Unione. Il negoziato con la Commissione rappresenterebbe, infatti, una prassi formatasi nel corso del tempo, dal momento che l’art. 49 TUE prevede semplicemente che sia il Consiglio a pronunciarsi all’unanimità, previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo. Secondo Kochenov, dunque, il Trattato non osterebbe ad una adesione immediata, consentendo poi, attraverso l’introduzione di appositi meccanismi transitori da inserirsi nell’accordo di adesione, di modulare le modalità e le tempistiche della partecipazione dell’Ucraina all’acquis dell’Unione. Del resto – ricorda sempre Kochenov –, così si è proceduto nel corso dei primi rounds di adesione alle Comunità europee.
Benché ispirata da comprensibili, e condivisibili, ragioni di carattere morale, la soluzione proposta da Kochenov presenta delle problematicità sul piano giuridico, che conviene brevemente richiamare a seguire.
I. L’adesione istantanea all’Unione non è possibile sul piano tecnico, tenuto conto del fatto che per il suo perfezionamento occorre negoziare e concludere un accordo di adesione tra i Paesi membri e l’Ucraina. Per quanto rapido il negoziato sull’accordo possa essere, è difficile immaginare che esso sia contenibile in una manciata di giorni. Ciò, tenuto anche conto del fatto che esso dovrebbe riguardare l’introduzione di meccanismi transitori ad hoc su diversi capitoli dell’acquis, circostanza, quest’ultima, che comunque presuppone una valutazione ex ante dell’adeguamento, da parte ucraina, alle norme di diritto UE. Non si vede infatti come sia possibile introdurre meccanismi efficaci di applicazione graduata dell’acquis senza avere prima verificato il livello di compliance dello Stato aderente.
Alle tempistiche del negoziato debbono poi aggiungersi quelle del processo di ratifica dell’accordo. E i relativi rischi che tale processo comporta. Non è infatti un segreto che negli ultimi anni diversi Paesi dell’Unione europea abbiano incontrato più di una difficoltà nel ratificare accordi europei (a partire dall’Accordo di associazione con l’Ucraina), mettendo a rischio il risultato di lunghi e faticosi negoziati. Non può pertanto escludersi che ciò possa verificarsi anche nel caso dell’accordo di adesione dell’Ucraina. È, ad esempio, possibile che in alcuni Paesi dell’Unione emergano delle criticità legate alle prospettive che un’adesione immediata dell’Ucraina, quando ancora il conflitto è in corso, potrebbe avere rispetto all’invocazione da parte del Paese della clausola di mutua assistenza contenuta nell’art. 42, par. 7, TUE (sul punto ci si è soffermati più diffusamente qui).
II. L’applicazione di una procedura ad hoc nel caso dell’Ucraina determinerebbe poi delle differenziazioni rispetto alle procedure di adesione all’Unione già in essere, che potrebbero destabilizzare il processo di allargamento nel suo insieme, oltre che la credibilità delle istituzioni UE. Se si eccettua il caso del tutto particolare della Turchia, sono quattro i Paesi attualmente candidati all’adesione: Albania, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia. In una comunicazione sulla politica di allargamento dell’UE adottata nel 2019 la Commissione europea ha richiamato i principi che informano il processo di allargamento, e che contraddistinguono l’approccio attualmente utilizzato nei confronti delle aspirazioni dei Paesi dei Balcani occidentali: l’adesione deve basarsi “su criteri consolidati, su condizioni eque e rigorose e sul principio meritocratico. Per poter aderire all’UE è necessario attuare riforme complesse in un contesto difficile, un obiettivo che può essere conseguito solo a lungo termine”. Tale impostazione di fondo è stata confermata nella comunicazione adottata dalla Commissione nel 2020 al fine di risolvere alcune delle criticità emerse nel corso del tempo (criticità correttamente evidenziate, peraltro, anche dallo stesso Kochenov). Quest’ultimo strumento ha infatti proposto di introdurre meccanismi che, salvaguardando l’impianto attuale dell’approccio UE, favoriscano la creazione di un clima di maggiore fiducia tra le parti, contribuendo in tal modo allo sviluppo di un processo di adesione più prevedibile, credibile e dinamico.
Come è facile intuire, qualora l’Unione decidesse di optare per un percorso accelerato nei confronti dell’Ucraina, i Paesi attualmente candidati potrebbero legittimamente richiedere il medesimo trattamento, con il rischio di delegittimare l’approccio sin qui adottato dalle istituzioni europee, in primis da parte della Commissione europea, nei loro confronti. Senza contare che la prospettiva di adesioni istantanee all’Unione potrebbe determinare un effetto emulativo, creando un “ingorgo istituzionale” nei meccanismi di allargamento difficile da risolvere. Peraltro, le avvisaglie di una simile evenienza già ci sono: a brevissima distanza dalla domanda presentata da parte dell’Ucraina, anche Georgia e Moldova hanno presentato domanda di adesione, richiedendo l’applicazione di una fast track procedure.
III. Vi è poi un ultimo aspetto che merita di essere richiamato. E cioè il fatto che un’adesione istantanea rischia di minare anche il processo di integrazione europea. A ben vedere, infatti, non è un caso che nel corso del tempo il processo di adesione si sia maggiormente strutturato, prevedendo un negoziato ex ante sul rispetto del diritto dell’Unione. Non bisogna dimenticare che aderire all’Unione significa entrare a far parte di un sofisticato – quanto delicato – processo di integrazione (politica e giuridica), oggi ben più strutturato rispetto ai tempi dei primi rounds di adesione. Tanto un’adesione frettolosa quanto un’adesione “sospesa”, caratterizzata – cioè – dall’introduzione di molteplici meccanismi transitori volti a differenziare o, appunto, a sospendere l’applicazione di numerosi ambiti dell’acquis dell’Unione (Kochenov ipotizza sospensioni che potrebbe avere durata decennale o, addirittura, ventennale!), rischiano di creare dei contraccolpi interni che possono indebolire nel tempo il processo di integrazione. Soprattutto, un’adesione che non si fondi su di una verifica puntuale del rispetto, da parte dello Stato candidato, dei valori su cui l’Unione si fonda – valori che, come recentemente ricordato dalla Corte di giustizia, “definiscono l’identità stessa dell’Unione quale ordinamento giuridico comune” (causa C-156/21, Ungheria c. Parlamento e Consiglio, ECLI:EU:C:2022:97, § 127) – potrebbe ulteriormente aggravare la crisi dello Stato di diritto attualmente in corso, allargando ancor più le crepe già nettamente visibili nella costruzione europea e mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa dell’Unione (vedi Morrone per il Blog). Certo, ha ragione Kochenov quando ricorda che i meccanismi di condizionalità previsti nel processo che ha caratterizzato gli ultimi rounds di adesione si sono dimostrati fallaci, non prevenendo “autocratic legalism and attacks on EU values”. Tale circostanza non pare, tuttavia, sufficiente per giustificare un’adesione fondata su una generica “acceptance of the values of the Union”. Al contrario, essa deve portare a riflettere sulla necessità di introdurre soluzioni più efficaci e credibili per lo svolgimento di una simile verifica.
A scanso di equivoci, è bene precisare che le considerazioni appena compiute non impediscono affatto il rafforzamento delle relazioni politiche e giuridiche tra l’Unione e l’Ucraina. Anzitutto, nulla vieta di procedere con decisione, e senza ulteriori ritardi (fatti salvi quelli, inevitabili, dovuti alle condizioni determinate dal conflitto in corso), nell’applicazione del contenuto (assai sofisticato) dell’Accordo di associazione. In secondo luogo, nulla osta a che il processo di adesione sia avviato speditamente con il riconoscimento al Paese della condizione di Stato candidato all’adesione (circostanza, quest’ultima, che potrebbe realizzarsi di qui a qualche settimana), consentendo pertanto all’Ucraina di accedere al supporto finanziario previsto dallo Strumento di assistenza preadesione.
Insomma, senza che si renda necessario aderire all’ipotesi, avanzata recentemente da Macron, di dare vita ad una Comunità politica europea, che consenta “aux nations européennes démocratiques adhérant à notre socle de valeurs de trouver un nouvel espace de coopération politique, de sécurité, de coopération en matière énergétique, de transport, d’investissements, d’infrastructures, de circulation des personnes et en particulier de nos jeunesses”, e senza dover necessariamente immaginare un’adesione dell’Ucraina in 15 o 20 anni, come dichiarato dal Ministro francese per gli affari europei, la realizzazione della prospettiva europea dell’Ucraina appare un obbiettivo tutt’altro che irrealistico.
Per rimanere aggiornato sulle novità di EUblog iscriviti alla Newsletter!